Con il termine disprassia si intende un’eterogenea classe di deficit all’interno dei disturbi dello sviluppo che investe le capacità di iniziare, organizzare, pianificare e produrre azioni finalizzate. E’ intesa come una diagnosi per esclusione, in quanto l’incapacità a coordinare ed eseguire movimenti volontari deputati a uno scopo non è dovuta a deficit né motori, né sensoriali (in termini neurologici lesionali).
In generale, possiamo dire che la disprassia implica una seria difficoltà a compiere azioni con il proprio corpo pur sapendo cosa si vuole raggiungere in quel preciso momento.
In riferimento all’aprassia degli adulti (Dewey, 1995), ovvero a quei casi in cui si è perduta la capacità di eseguire atti motori a comando o per imitazione in seguito a lesioni cerebrali, vengono riconosciute all’intero della sindrome disprattica due tipologie:
1. La disprassia ideativa, con difficoltà a pianificare una sequenza di movimenti coordinati e finalizzati;
2. La disprassia ideomotoria, con difficoltà a eseguire un piano d’azione anche se conosciuto.
E’ nostra opinione che in età evolutiva sia molto difficile distinguere queste due tipologie, in quanto il bambino disprattico è quello che non sa eseguire proprio in quanto non sa pianificare e programmare un piano dazione che in ogni caso non sempre ha potuto sperimentare e quindi conoscere in modo corretto.
Nel DSM-IV (APA,1995) la disprassia è definita proprio Developmental Coordination Disorder (DCD). Inoltre, viene precisato che in essa coesistono problemi di incoordinazione motoria e problemi percettivi: è infatti presente nei soggetti disprattici un deficit o una disfunzione delle capacità di integrazione sensoriale che determina una ridotta o troppo marcata sensorialità ( ipo o iperneurosensorialità) come risposta a stimoli che provengono dall’ambiente.
Questa disfunzione, presente spesso sin dalla nascita, distorce la percezione del mondo che circonda l’individuo e può essere già di per sé causa di ridotta capacità di regolarsi e agire in modo congruo in rapporto all’ambiente circostante e al contesto, ovvero a persone e cose con cui interagire (Ayres, 1985).
Secondo il DSM-IV, ne sono segni caratteristici in età evolutiva:
1. Marcata difficoltà o ritardo nello sviluppo della coordinazione motoria;
2. Se il ritardo di sviluppo è evidente, la prevalenza delle difficoltà motorie rispetto ad altre generalmente associate;
3. Il fatto che queste difficoltà interferiscono con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita quotidiana.
Questa impostazione implica che le difficoltà di coordinazione non siano dovute a condizioni patologiche quali PCI, distrofia muscolare o altro.
La disprassia va riconosciuta sia come sindrome pura, ovvero in assenza di altri segni patologici, sia associata a patologie maggiori quali PCI (Muzzini, 1997) e sindromi genetiche conclamate (Down, WS, DGS e Asperger).
Anche l’ICD-10 (OMS,1992) include la disprassia (come F82) nei disturbi evolutivi specifici della funzione motoria e precisa che per la diagnosi si deve tener conto di :
1. Difficoltà di coordinazione, presente dalle prime fasi disviluppo e non dipendente da deficit neuromotori;
2. Entità della compromissione variabile e modificabile in funzione dell’età;
3. Ritardo di acquisizione (non costante) delle tappe di sviluppo motorio, a volte accompagnato da ritardo dello sviluppo del linguaggio (in particolare rispetto alle componenti articolatorie);
4. Goffaggine nei movimenti;
5. Ritardo nell’organizzazione del gioco e del disegno (tipo di defict costruttivo);
6. Presenza (non costante) di segni neurologici sfumati, privi di sicuro significato localizzatorio.
Quindi, come abbiamo detto, il termine DCD è comunemente usato come sinonimo di disprassia, ma è nostra opinione che sarebbe più corretto distinguere i due termini, implicanti funzioni e abilità diverse.
Infatti, il termine disprassia contiene la parola praxis, che in greco significa ”azione”, mentre il suffisso dis è sinonimo di non completa e corretta funzionalità: questo a significare incapacità di compiere azioni definite e programmate per il conseguimento di precisi obiettivi.
Va inoltre ricordata la definizione di Piaget, che intende per prassia la capacità di pianificare, programmare ed eseguire atti motori consecutivi al fine del raggiungimento di un preciso scopo e obiettivo.
Il termine DCD andrebbe invece usato in relazione a difficoltà di coordinazione generale del movimento e non inteso come atto motorio finalizzato; tale difficoltà si accompagna sovente alla disprassia, ma può anche essere presente senza disprassia.
In età evolutiva, specialmente nella prima e seconda infanzia, spesso il confine fra la disprassia e il DCD, o più è precisamente fra le reali difficoltà di pianificazione e programmazione dell’atto motorio ed esecuzione dello stesso e le difficoltà nella motricità (in particolare nella coordinazione motoria fine), può essere difficile da determinare. Nel corso dell’intervento, tuttavia, possiamo spesso individuare con maggiore precisione le difficoltà prassiche nell’analisi di azioni adattive complesse che richiedono, ad esempio, l’uso bimanuale; a volte, infatti, possiamo notare nel ambino una maggiore difficoltà di coordinazione rispetto alle capacità di pianificazione e progettazione dell’azione, ovvero che raggiunge comunque l’obiettivo, ma con difficoltà e lentezza nell’esecuzione.
Va anche ricordato che nella disprassia è presente comorbidità sia con i DSA, sia spesso anche con i DSL e con deficit di attenzione e iperattività ADD e ADHD.
Questi dati in particolare ci portano a sottolineare l’aspetto più problematico implicito nel termine disprassia, ossia il deficit dei meccanismi di controllo ovvero la capacità di controllare quanto si sta facendo nel corso dell’azione, quindi la verifica del risultato e infine la capacità di prevedere e rappresentarsi l’azione ormai appresa, diventata esperienza gestibile e ripetibile secondo precise modalità di esecuzione.
Il concetto di feedback è quindi l’aspetto più significativo, da cui si dovrà partire per il progettpo di terapia.
In sintesi, riteniamo si possa definire la disprassia ‘’ mancata acquisizione di attività intenzionali intese come abilità e competenze, o acquisizione di strategie povere e stereotipate; difficoltà a coordinare e programmare i relativi movimenti elementari in vista di uno scopo, per mancato sviluppo del feedback, nel corso dell’azione o mancata verifica dei risultati ottenuti nel corso di precedenti tentativi’’. (Sabbadini e Sabbadini ,1995).
E’ certo quindi che la disprassia riguarda un disturbo ad alto livello di integrazione percettivo-motoria e concettuale della consapevolezza delle proprie conoscenze, sia semplicemente come esperienza metacognitiva (Flavell, 2000), sia come capacità di organizzare delle proprie funzioni e abilità.
Si può senza dubbio affermare che si tratta di un disturbo metacognitivo, nel senso di conoscenze e azioni, spesso senza immediata presa di coscienza.
All’interno della sindrome disprattica, possiamo distinguere diverse tipologie: spesso una è prevalente, ma con essa correlano altri tipi con sintomi diversi.
Ad esempio, la disprassia di sguardo è molto frequente quando è presente di disgrafia su base disprattica o anche disprassia della marcia o ancora disprassia del vestirsi (abbottonarsi, sbottonarsi). La disprassia del disegno (geometrico) correla spesso con la disprassia costruttiva, la disprassia verbale con la disprassia orale ( ma va riconosciuto che tale associazione non è sempre presente).
Valutazione
Al fine di un intervento più precoce possibile si dovrebbe prevedere una valutazione mirata ad alcuni ambiti dello sviluppo particolarmente significativi, soprattutto quando siano state riconosciute cause probabili di disprassia (ad esempio, in caso di immaturità o prematurità e basso peso alla nascita o problemi pre e perinatali).
Sin dai primi mesi di vita si possono evidenziare dei sintomi predittivi, ad esempio difficoltà di sguardo e/o deficit e ritardi nello sviluppo motorio o comunicativo gestuale e linguistico. Un altro aspetto importante da valutare è l’abilità di prensione e afferramento degli oggetti e quindi della loro manipolazione e del loro uso.
Disprassia
